Milano, 5-7 Febbraio 2012 Prima di parlare di cioccolato mi piace l’idea di proporre una bella pasta asciutta davvero particolare preparata, come sempre in diretta, sul palco della Sala Blu di Identità Golose. E’ opera di Andrea Aprea del Vun di Milano che ha travestito da verdura delle Linguine cuocendole in un centrifugato di cavolo rosso. Una volta cotte le ha poste nel piatto su un frullato di burrata e vi ha aggiunto sottili fettine di aringa affumicata, pinoli tostati e germogli di crescione. Davvero buona! Martedì pomeriggio destinato a Identità Dessert con laÈcole du Grand Chocolat de Valrhona. Molti racconti sul cioccolato e davvero poco, purtroppo, il cioccolato dal vero con nuove proposte. Sicuramente per chi di storia del cioccolato e della sua lavorazione sa poco sono state interessanti le spiegazioni di Jean-François Dargein, agronomo ed enologo, che da venti anni collabora con l’Ècole du Grand Chocolat de Valrhona per valorizzare e far conoscere la cultura del cioccolato come prodotto agricolo, espressione di specifici terroir e con una grande diversità che cuochi e pasticceri possono esaltare con le proprie creazioni.
Ma l’arrivo del grande Frédéric Bau ci aveva creato mille aspettative andate poi deluse per la sua decisione di parlare invece che di proporre il cioccolato lavorato da questo grande della pasticceria francese. E’ stata sicuramente interessante la sua autobiografia alla sorgente del gusto nella pasticceria e nel cioccolato. Si dichiara amareggiato quando la gente si lamenta della possibilità che ci siano differenze di gusto nel cioccolato da un anno con l’altro perché il vero buon cioccolato può cambiare gusto e sapore da un anno all’altro anche se è sempre la stessa piantagione e lo stesso il luogo di provenienza poiché il cacao è come un vitigno e dipende dalle annate, dalle piogge, dai giorni di sole e così via. Ma questo non è un errore, ma semplicemente dimostra di essere un prodotto naturale. Lo turba l’uniformità perché il cioccolatiere e il pasticcere sono un inno alla cultura del gusto dove la sola maestra è la natura. Poco c’è insegnato sul gusto e dopo aver lavorato in più di sessanta paesi diversi si è accorto che sempre si da molta importanza all’aspetto estetico e poco alla bellezza interiore. All’inizio della sua carriera di pasticcere gli avevano vietato di assaggiare e lui non aveva capito il perché. “Questo si fa così, perché lo dice la ricetta”. Mentre lui voleva capire! Finalmente l’incontro con Claude Bourguignon, che sgridava gli allievi perchè non gustavano. E qui ha scoperto che ci sono molti tipi di cioccolato e che ci possono essere anche difetti. L’incontro poi con Pierre Hermé è stato determinante. Con lui ha capito che il mestiere di pasticcere lo avrebbe reso felice. E con lui ha imparato a seguire le proprie emozioni per godere e per far godere la gente. Ha imparato a vivere gli ingredienti e ha capito il cioccolato. Quando io credevo esistesse solo un tipo di cioccolato lui già ne usava ben otto diversi per le sue coperture. “Ho imparato a capire con che cioccolato fare che cosa” E così capire il cioccolato è dare parole a quello che si percepisce Ed ecco finalmente due proposte in diretta di un giovanissimo chef pasticcere dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze. Si chiama Luca Lacalamita, ha 26 anni e viene da Trani. Un curriculum impressionante alle spalle: studi alberghieri, poi a Londra, dove in poco tempo passa da un piccolo ristorante italiano alla pasticceria del Dorchester e poi da Gordon Ramsay, poi a Milano dall’allora Cracco-Peck . Una “stagione fantastica” a El Bulli e un “anno cerebrale” con Massimo Bottura sono esperienze che gli cambiano la vita, ma non lo fermano. Torna in Spagna, nei Paesi Baschi: Akelarre, altra esperienza fondamentale. Poi la voglia d’Italia e l’Enoteca Pinchiorri, uno dei pochi ristoranti ad aver ampliato gli spazi della pasticceria. La carta ha sempre otto proposte che lui chiama “tasselli” e che cambia perché i clienti vogliono provare cose nuove e lui li vuole stimolare. Sempre il principale filo conduttore: la stagionalità e tre principi essenziali: la concettualità, la memoria e la tecnica in ogni suo piatto. Mai più di quattro ingredienti, magari interpretati in tante modalità diverse. Il suo primo dessert presentato ricorda le merende della nostra infanzia: “Pane-Cioccolato-Olio-Sale”: l’elemento principale è una “scaglia” di cioccolato (ganache all’olio ricoperta di cioccolato fondente) accompagnata da crema d’extravergine, “mollica” e “crosta” di pane croccante all’olio, biscotto al cacao sbriciolato per dare croccantezza e una salsa al cioccolato morbida che raccoglie tutti gli elementi del piatto (cioccolato, sale ed extravergine) montata come una maionese. A tavola, chi serve aggiunge un filo d’olio a dare profumo. Il secondo dessert: “Bergamotto/Vaniglia/Miele”. Un gioco di profumi intensi in cui acidità e freschezza dell’agrume (usa il bergamotto verde perché ha un’alta percentuale di oli essenziali) sono smussate dalla dolcezza del miele di acacia e dalla morbidezza della vaniglia (sotto forma di crema, gelatina e caramello croccante). Il bergamotto viene utilizzato in modo integrale: dalla scorza candita al succo, protagonista di una meringa fondente e di una granita a cinque gradi dalla consistenza della neve. Marina Sanvito |