“A tornare indietro ci prendiamo gusto” dice un cartello all’interno della Dolceria, a Modica. Ed è una frase che ben si adatta a Franco Ruta, titolare di questo piccolo paradiso della Xocoàtl. Sì, perché in questa bellissima città della Sicilia si parla siciliano, ma si mangia cioccolato azteco grazie alla passata dominazione spagnola che qui ha lasciato tracce indelebili.
La storia del cioccolato è antichissima: affonda le sue radici in Messico presso gli antichi popoli Maya ed Azteco ed è recente la scoperta del sito archeologico maya di Cohla, nel Belize, dove sono stati rinvenuti vasi di terracotta che risalgono al 600 A.C contenenti residui di cioccolata. Grazie ai conquistadores spagnoli, primo tra tutti Hernan Cortes, la penisola iberica prima e poi l’Europa conobbero questa spezia dopo il 1519, anno della caduta del grande impero di Montezuma. La dominazione spagnola in Sicilia ha lasciato moltissime tracce nella cultura, nell’arte, nei costumi e nella gastronomia, ma in questa bellissima città del ragusano ha depositato anche il segreto della lavorazione della cioccolata, patrimonio dell’era pre-colombiana al di là dell’Oceano.
Come succedeva a Villajoiosa, sulla costa d’Alicante, anche qui a Modica nacquero i “ciucculattaru”, artigiani che spingevano un carrettino sul quale era posto il metate (la pietra ricurva usata dagli Aztechi) e sacchi di semi di cacao. Per pochi soldi si fermavano davanti alla porta di casa e frantumavano i semi esattamente come era fatto in Messico dai popoli antichi per vendere una cioccolata espressa “a la pedra”, un alimento prima che un dolce.
Modica, nel ‘700 era un importantissimo centro culturale e tra splendide chiese e palazzi barocchi non mancavano certo le “dolcerie” veri luoghi di delizie per il palato. Già Federico Bonajuto era dolciere e suo figlio Francesco, detto Ciccio, nel 1880 aprì in Corso Umberto I° il suo negozio. Don Ciccio Bonajuto cominciò a produrre cioccolato lavorandolo secondo la tradizione, con il metate cioè, e la sua Dolceria divenne famosissima per la bontà dei suoi prodotti. Molti modicani che ora sono proprietari di pasticcerie hanno parenti che sono stati allievi di Don Ciccio e dei suoi successori. Carmelo Ruta era un ragazzino che voleva imparare quest’arte e bazzicava in laboratorio. S’innamorò della figlia di Don Ciccio ed ecco come Ruta si sostituisce al cognome Bonajuto. Sì, quel ragazzo era il papà di Franco Ruta. Carmelo e sua moglie hanno lasciato a Modica un imprinting davvero unico, non solo per la loro arte, ma anche per la grande umanità e saggezza che li distingueva. . Ci sono persone che hanno lavorato da ragazzi in Dolceria e ricordano la la signora Carmela come una donna che ha insegnato loro soprattutto a vivere, e a comportarsi sempre in modo onesto con quella dignità che spesso incontriamo in Sicilia. Sicuramente non si può dire che sia Franco, sia suo figlio Paolo non portino avanti alla grande l’eredità ricevuta, in tutti i sensi.
Il loro Xocoàtl è lo stesso di un tempo lontanissimo: solo l’aggiunta di zucchero lo differisce da quello bevuto dai nobili e dal grande Montezuma. La parola xocoàtl in lingua nauatl significa “acqua amara” perché non si conosceva lo zucchero e così alla pasta di cacao erano aggiunti acqua fredda ed aromi naturali come vaniglia o cannella o peperoncino ed era una bevanda fredda, ma il tutto non era decisamente adatto ai nostri palati. Furono le suore spagnole dei conventi sorti in Messico a trovare il modo di rendere il tutto più gradevole aggiungendo zucchero e inventando la cioccolata calda. Ma gli Aztechi lo producevano anche in forma solida, sotto forma di piccoli sigari, resi compatti dall’aggiunta di farina di mais.
Il signore del “cioccolato con i cristalli”, così chiamano spesso Bonajuto perché lo zucchero semolato aggiunto alla massa di cacao, precedentemente riscaldata ad una certa temperatura e poi mantenuta ad un calore costante, non si scioglie ed i cristalli restano integri nella tavoletta, non vuole cambiare, modernizzarsi, anzi, si fa un punto d’onore mantenere la sua ricetta inalterata nel tempo. Il suo cioccolato è unico proprio per questa forte presenza dello zucchero e per il suo aspetto “rustico, grezzo”. Non è lucido e “scioglievole” come la maggior parte dei prodotti moderni o meglio è scioglievole, ma in un altro senso. Per apprezzarlo non si deve mangiarlo con voracità, ma lasciarlo sciogliere in bocca, lentamente: lo zucchero se ne andrà ed in fondo al palato resterà solo sapor di cioccolato allo stato puro: il gusto del vero cioccolato.Lo Xocoàtl esiste in tre varianti ed anche in questo caso tutto è uguale alla tradizione pre-colombiana: alla cannella, alla vaniglia ed al peperoncino. Oggi, in un momento in cui tutti parlano di cioccolato ed è diventato un must di cui sembra non si possa più fare a meno e le manifestazioni che lo vedono protagonista si moltiplicano a vista d’occhio c’è un gran da fare per proporre sempre nuove chicche ed alcuni cercano persino di copiare lo Xocoàtl di Bonajuto, ma è un assurdo, come se Franco Ruta decidesse di produrre gianduiotti o cercasse di riproporre il famoso Turinot di Guido Gobino portando a Modica la tradizione piemontese. Nonostante il cioccolato modicano rispecchi una piccolissima parte del mercato globale ormai sembra impossibile non conoscerlo ed anche i cioccolatieri hanno scoperto, grazie a Franco, Graziella e Paolo Ruta, il valore della storia, anzi della pre-istoria di questo prodotto. Anche oggi, come allora, una donna è il lato dolce di questo cioccolato e della Dolceria e la moglie di Franco segue e sostiene con grande amore tutte le iniziative della famiglia, ma lo fa con molta riservatezza e grande intelligenza: una vera donna del cioccolato da scoprire piano piano.

Marina Sanvito

Per conoscere ancora più da vicino queste realtà ed avere ulteriori approfondimenti visitate nel nostro archivio Eventi 2003 “Il Cioccolato azteco dell’Antica Dolceria Bonajuto” e tra quelli del 2002 “La casa di Archèstrato”