Doña
Sebastiana Juárez Broca
Ho
pensato fosse davvero bello ed interessante parlare di questa donna
cui è stato conferito a Torino il premio Slow Food per l'anno
2002 perché è un grande esempio per tutti quei paesi
dove la terra è stata abbandonata e altri si sono accaparrati
veri tesori dimenticati che invece avrebbero potuto dare lavoro e
ricchezza ad un popolo intero. Sono una vera appassionata della cultura
e della storia messicana, così come del cioccolato e della
sua lavorazione che in questo paese risente ancora moltissimo dell'influenza
Maya e Azteca. Al Salone del Gusto di Torino ho visitato lo spazio
dedicato alle cucine del mondo ed in rappresentanza del Messico c'era
Las Rosas che a Torino è sia un Ristorante sia una Taqueria.
ho incontrato una persona deliziosa: Elena, la proprietaria, alla
quale ho chiesto del cioccolato e lei mi ha generosamente regalato
una busta di cioccolato di Tabasco, un cioccolato molto particolare
che mi ha ricordato quelle strane piccole palle compatte che i lavoratori
delle piantagioni fanno con la pasta di cacao e lo zucchero e servono
per fare la cioccolata calda ai loro bambini. Certo nulla di raffinato,
ma vero cioccolato, molto lontano da quello che normalmente noi acquistiamo,
lucido, vellutato, scioglievole. Ricorda invece molto quello di Modica,
in Sicilia, lavorato a freddo e non temperato con la sola aggiunta
di zucchero semolato, vaniglia o cannella o peperoncino. Ed Elena
mi ha parlato di Doña Sebastiana e mi ha detto dove trovare
la sua storia. Ve la riporto tale e quale.
Marina Sanvito
"Doña Sebastiana Juárez Broca è
nata il 23 gennaio 1949 a Guayo 1era Section, un borgo contadino nel
municipio di Comalcalco, a una cinquantina di chilometri da Villahermosa,
nello stato messicano di Tabasco. Ha sempre lavorato come contadina,
occupandosi nel contempo della sua famiglia: il marito, Don Asunción
de La Cruz Hérnandez, e tredici figli, uno dei quali morto
a vent'anni.La sua formazione scolastica si ferma all'istruzione elementare.
Doña Sebastiana si è sempre distinta fra i contadini
di Comalcalco per l'attivismo sociale e religioso, partecipando alla
vita comunitaria da protagonista. La sua virtù principale è
la forza di volontà, che le ha permesso di affrontare la dura
vita da contadina, dividendosi equamente fra i campi e la famiglia.
Il CACAO, DONO DEL MESSICO AL MONDO
Il Tabasco è una terra molto fertile,
nella parte sud-est del paese, in gran parte pianeggiante, che si
apre sul Golfo del Messico. È il luogo in cui sbarcò
Hernan Cortéz e la scoperta del cacao si accompagnò
con quella dell'America. Il Tabasco infatti - in particolare la regione
di Chontalpa, che comprende il territorio di Comalcalco - è
il primo posto al mondo dove il cacao sia stato addomesticato: nessuna
cultura del pianeta è legata al cacao così profondamente
come quella tabasqueña. Furono i Maya a inventare il modo di
coltivare questa pianta che trova le sue origini biologiche in Amazzonia.
Il cacao godeva di grande prestigio fra i popoli preispanici, tanto
che i grani, dopo essere stati lavati e induriti ballandoci sopra
secondo un rito ben preciso, erano utilizzati come moneta di scambio.
Il consumo alimentare, invece, era riservato a pochi privilegiati.
Gli Spagnoli si interessarono subito a questo prodotto e decisero
di esportarlo in tutte le loro colonie: da qui la sua diffusione in
molte zone del pianeta.
Cacao e Tabasco: un legame profondo
ma in crisi
Oggi in Tabasco si produce l'80% del cacao messicano. Anticamente
la coltivazione era diffusa in molte parti del paese, ma negli anni
si è concentrata progressivamente nel sud-est: il restante
20% della produzione nazionale si trova nel vicino Chiapas.
Ventiduemila famiglie tabasqueñe basano il proprio sostentamento
sulla coltivazione del cacao, ma a partire dagli anni Sessanta l'economia
legata al prodotto è entrata in crisi. Le politiche governative,
lungi dall'aiutare i contadini, hanno minato completamente tutto il
sistema che si reggeva sulla coltivazione. L'istituzione dell'Unione
Nazionale Produttori di Cacao ha letteralmente rovinato la vita dei
contadini, facendoli piombare in uno stato di estrema povertà.
L'Unione era stata creata per raccogliere il cacao verde dai produttori,
essiccarlo nelle proprie infrastrutture e rivenderlo agli esportatori.
Infatti la raccolta avviene nella stagione delle piogge e per essiccare
il prodotto non ci si può affidare al sole, ci vogliono costosi
impianti a gas. I contadini non possono permettersi gli essiccato
e dunque dipendono da chi li possiede.
Il
servizio dell'Unione, con uffici nei principali centri abitati, si
è però presto rivelato un giogo difficile da spezzare:
i prezzi del cacao verde erano fissati a livelli bassissimi e la corruzione
dei funzionari, abili nello sperperare denaro pubblico, non permetteva
all'Unione di avere la liquidità necessaria per pagare i produttori
nei tempi concordati. Questi, inizialmente, ricevevano soltanto un
impegno di pagamento da riscuotere negli uffici dell'Unione, ma erano
necessari quattro o cinque viaggi costosi prima che fosse loro dato
il dovuto. Alla fine della trafila gran parte del guadagno era sfumata
in trasporti e rimaneva poco per provvedere alla famiglia.
La difficile vita dei produttori non è migliorata quando nel
meccanismo si sono inseriti i coyotes (sciacalli). Il soprannome che
i contadini hanno dato agli intermediari delle multinazionali è
significativo: forti di una maggiore disponibilità finanziaria,
i coyotes pagano subito, ma molto meno.
Si è così giunti alla situazione attuale, in cui i contadini
si accontentano di questo poco denaro che non basta a ripagare le
fatiche di un anno intero di lavoro. Oggi un chilo di cacao in grani
è pagato 8 - 9 pesos (circa un dollaro): se si conta che la
produzione annuale è di 700 chili per ettaro e un contadino
mediamente possiede un appezzamento di 1,5-2 ettari, il reddito annuo
di una delle famiglie che vivono grazie al cacao è di circa
12 mila pesos, vale a dire circa 1300 dollari. Una situazione economica
insostenibile per famiglie che, per giunta, sono generalmente molto
numerose.
Con problemi economici di questa portata è facile comprendere
come l'abbandono delle campagne sia diventata l'unica via d'uscita.
I contadini vanno a infoltire la massa di disperati che emigrano nel
distretto federale di Città del Messico, oppure trovano lavoro
a Villahermosa, una città che basa la sua economia sull'estrazione
del petrolio. Scoperto proprio negli anni Sessanta, è presto
diventato la nuova fonte di ricchezza per pochi e di sfruttamento
per chi non riesce a vivere del solo lavoro in campagna. Gli impianti
d'estrazione, inoltre, hanno un impatto fortissimo sull'ambiente.
Si ritiene che, di questo passo, la produzione di cacao potrebbe essere
abbandonata del tutto entro non molti anni, con conseguenze nefaste
anche sul sistema forestale della regione.
Doña Sebastiana e l'Asesoria
Tecnica: salvare il cacao e renderlo redditizio
Doña Sebastiana e il marito non si sono mai rassegnati a questa
situazione e hanno sempre cercato di provvedere ai propri figli, impegnandosi
per trovare soluzioni che non prevedessero l'abbandono della terra.
Nel 1984 intravidero nella produzione biologica, ovvero senza l'utilizzo
di pesticidi e fertilizzanti, una via che poteva dare valore aggiunto
al loro prodotto, consentendo un risparmio sui costi di coltivazione.
Ma non avevano la possibilità di piazzare il cacao biologico
in un mercato monopolizzato dalle grandi compagnie. Oltretutto, la
loro iniziativa, che cercava di coinvolgere tutta la comunità
di cui fanno parte, era fortemente osteggiata dal governo.
L'amministrazione pubblica in Tabasco, infatti, ha sempre spalleggiato
i coyotes i quali non si sono mai tirati indietro davanti alla possibilità
di ottenere favori in cambio di denaro. È per questi motivi
che l'idea di Doña Sebastiana e del marito non ha avuto subito
successo.
Ma nel 1993 avviene l'incontro con Alma Rosa Garcés Medina
e Mariano Gutiérrez Aparicio, due biologi che hanno deciso
di trasferirsi in Tabasco per dare strumenti e supporto ai contadini
in difficoltà. I due stavano lavorando a un progetto sulla
coltivazione di cacao organico e avevano l'accesso ai finanziamenti
dell'olandese Novib, un'organizzazione per la certificazione e il
commercio dei prodotti biologici nel mondo.
In questo contesto, Doña Sebastiana - o Tia Tana, come la chiamano
affettuosamente nella comunità - propose, coinvolgendo altre
quattro donne, di lavorare il cacao biologico coltivato dal marito
come facevano sua madre e sua nonna: come tradizionalmente facevano
le donne tabasqueñe e prima di loro le donne Maya. Doña
Sebastiana cominciò a utilizzare una parte del cacao di famiglia
per produrre cioccolato da vendere ai turisti, negli hotel e all'aereoporto
di Villahermosa. Fu un'idea vincente: innanzi tutto perché
coinvolgeva le donne nel lavoro della famiglia, impegnandole in un'attività
che riscattava il loro ruolo, fino ad allora piuttosto passivo; e
poi perché il cioccolato lavorato poteva essere venduto a un
prezzo molto superiore (60 pesos al chilo, contro gli 8 del cacao
in grani).
Le donne e il cioccolato dei Maya;
gli uomini e una tecnica di coltivazione ecocompatibile
Nel 1997 Alma Rosa e Mariano decisero di formare una loro associazione
non profit, l'Asesoria Tecnica en Cultivos Organicos, con l'obiettivo
di promuovere un progetto molto complesso sulla coltivazione del cacao
che coinvolgesse uomini e donne. Gli uomini si sarebbero dovuti occupare
del campo, producendo cacao biologico e utilizzando un sistema di
riforestazione che consentisse di ricreare le condizioni ideali per
la coltivazione all'ombra. Le donne invece, grazie all'impulso di
Doña Sebastiana, avrebbero prodotto il cioccolato alla maniera
tradizionale. In questo modo, sfruttando i valori aggiunti del prodotto
biologico e del prodotto processato, si sarebbero potute incrementare
di molto le entrate delle famiglie e si sarebbero potute acquistare
le infrastrutture per l'essiccazione.
Doña Sebastiana aderì subito e con grande entusiasmo,
lavorando tantissimo, forte della sua personalità e della stima
che le è riconosciuta nella comunità, per coinvolgere
nel progetto il maggior numero possibile di contadini e contadine.
Il risultato è che oggi ci sono sette cooperative, quattro
di uomini e tre di donne (S.S.S., Sociedades de solidaridad social;
la prima, in onore di chi ha dato l'impulso decisivo, si chiama Chocolate
Tia Tana), che lavorano al progetto, interessando quasi tutta l'area
della Chontalpa e un totale di 1104 persone, tra soci e i loro familiari.
Gli obiettivi ancora da raggiungere sono: la creazione di moduli formati
da una sociedad di uomini più una di donne che trasformi la
produzione (dunque ne manca ancora una femminile); la certificazione
biologica per tutte le sociedades (ci vogliono tre anni per ottenerla
degli organismi preposti: un
controllo ogni anno); la realizzazione in tutte le cooperative delle
infrastrutture necessarie alla trasformazione (per ora c'è
soltanto un essiccatoio).
Il cacao coltivato dai contadini, fino a poco tempo fa era in grandissima
parte venduto in grani, per cercare di monetizzare velocemente la
produzione. L'unica piccola parte d'autoconsumo era riservata alla
preparazione del pozol, una bevanda fortemente energetica, a base
di cacao, mais e acqua, che ancora oggi serve a sopportare il lavoro
estenuante nel caldo umido di quella zona.
La necessità di vendere tutta la produzione per guadagnare
in fretta aveva fatto sì che l'antica tecnica di lavorazione
del cioccolato, riservata alle donne, venisse quasi completamente
dimenticata. Doña Sebastiana ha invece compreso l'importanza
di questo lavoro imparato dalla madre, intravedendo un motivo di riscatto
per le donne del Tabasco: è un'occupazione che lega il lavoro
della donna alla famiglia, aumenta le entrate e costituisce un'alternativa
valida all'emigrazione.
Oggi le tre cooperative di donne (la
Chocolate Tia Tana, formata da 15 donne nel municipio di Comalcalco;
il Grupo de mujeres La Guadalupa con 23 socie nel municipio di Cárdenas
e il Grupo de mujeres Las Carmelitas con 32 socie, sempre nel municipio
di Cárdenas) si sono organizzate, dopo gli insegnamenti di
Doña Sebastiana, per lavorare il cioccolato e venderlo in graziosi
sacchettini di iuta. Tutta la produzione è manuale e riguarda,
per ora, soltanto una piccola parte della produzione di cacao poiché
mancano ancora gli sbocchi commerciali.
Il cacao verde, prima di tutto, viene fatto riposare da sette a dieci
giorni a seconda dei livelli di umidità dell'aria. In questo
periodo subisce una fermentazione che ne libera i profumi e ne sviluppa
le tipiche caratteristiche gustative. In seguito è essiccato
nell'unico essiccatoio che le cooperative sono riuscite ad acquistare
fino ad oggi. Quindi, agitando i grani in bottiglie di vetro, le donne
li liberano dalle parti esterne del chicco, che vanno scartate. A
questo punto il cacao può essere tostato su fuochi a legna,
servendosi di recipienti metallici larghi e piatti, ed è pronto
per essere lavorato e trasformato in cioccolato.
Utilizzando dei piccoli macinini a mano, i grani sono tritati quattro
o cinque volte, fino a quando non raggiungono la consistenza adatta.
A ogni fase di macinazione si aggiunge un ingrediente: zucchero di
canna, cannella, latte e un po' di pepe.
È importante sottolineare che questo cioccolato è ottenuto
con cacao intero, perché si usa tutto il chicco, a differenza
di quanto avviene nei processi industriali, dove la parte grassa -
la più nutriente, gustosa e profumata - è spesso separata
dal resto per essere utilizzata in cosmetica e in medicina.
Al prodotto finale è data la forma di piccole pepite oppure
di dobloni: sono ottimi da consumarsi così come sono, ma possono
essere sciolti nel latte bollente, per ottenere una buona cioccolata
calda.
Le quattro cooperative di uomini sono la General Fco. J. Mújica
con 28 soci a Cárdenas (alla quale manca un'ultima ispezione
avere la certificazione biologica); la Lic. José Ma. Pino Suárez,
che conta 32 membri nel municipio di Cunduacan; la Esperanza del C-11
con 30 soci a Cárdenas; e infine la Costa del Tabasco con 16
soci a Comalcalco. "Costa del Tabasco" è stata la
prima società che si è formata, ha il suo essiccatoio,
ne fa parte il marito di Doña Sebastiana e dal prossimo anno
produrrà circa 300 tonnellate di cacao organico certificato.
Le cooperative maschili svolgono una funzione ecologica estremamente
importante: oltre a impegnarsi nella coltivazione biologica, seguono
un programma di riforestazione. Il cacao ha bisogno d'ombra per crescere
e dunque nella piantagione sono necessarie piante d'altro tipo, molto
più alte. Questo sistema garantisce il mantenimento dell'ecosistema
tabasqueño, ma stava per essere abbandonato: infatti presi
dalla disperazione, per poter guadagnare un poco di più, i
contadini tagliavano le piante più alte per vendere il legname.
Oggi, grazie al lavoro delle cooperative, si attua una tecnica di
riforestazione detta "a piani progressivi", secondo la quale
si collocano nella piantagione sia piante che diventano alte in fretta,
sia piante secolari che crescono molto lentamente. In questo modo
si garantisce l'ombra per molti anni, sfruttando al contempo le possibilità
offerte dalle piante che crescono più velocemente: legname
in primis, ma anche fiori tropicali e frutta che le donne mettono
in conserva, per diversificare la produzione.
Perché il Premio Slow Food
Doña Sebastiana Juárez Broca è una figura simbolo
nella sua comunità, ha sempre lavorato per difendere la produzione
di cacao e renderla remunerativa. Il suo ruolo di promotrice fra i
contadini della comunità, la sua lungimiranza nell'accettare
aiuti e consigli da persone disinteressate e fortemente motivate,
ne fanno un personaggio chiave nel riscatto della condizione femminile
in Tabasco. Ha saputo recuperare e diffondere l'antica tecnica di
lavorazione del cioccolato facendone un'occasione di guadagno e partecipazione
sociale.
L'attività di Doña Sebastiana permette agli uomini di
finanziare il loro progetto di coltivazione biologica ed ecocompatibile
e di liberarsi dalle imposizioni degli intermediari che fissano prezzi
irrisori per la materia prima. Una piccola donna contadina del Tabasco
ha saputo dare una svolta in quel mondo minato dalla povertà,
dallo sfruttamento, dall'inquinamento e dalla corruzione. Il cacao
di altissima qualità del Tabasco ha trovato una via di salvezza
e c'è bisogno di sostenere i progetti a lungo termine, di modo
che la strada intrapresa possa servire da modello in tutto lo Stato
e le caratteristiche del prodotto siano riconosciute e pagate correttamente
sul mercato internazionale."
Carlo Bogliotti
MOTIVAZIONI DEL PREMIO SLOW FOOD
Il Premio Slow Food per la Difesa della
Biodiversità è nato nel 2000 con l'obiettivo di individuare
e valorizzare attività di ricerca, produzione, commercializzazione,
divulgazione o catalogazione che vadano a beneficio della biodiversità
nell'ambito agroalimentare.
Dai ricercatori ai contadini, dai distributori ai formatori, dalle
associazioni professionali agli imprenditori, tutti coloro che contribuiscono
a frenare l'impoverimento del patrimonio vegetale e animale che forma
la cultura gastronomica di una nazione, e a mantenere un equilibrio
ecologico sul pianeta, sono candidati ideali per il Premio Slow Food.
Per il ruolo fondamentale nella difesa della produzione del cacao
tabasqueño e per il suo impegno nel cercare vie alternative
a un sistema produttivo disastrato e non redditizio. Per il lavoro
costante fra i membri della sua comunità e di quelle vicine,
che ha permesso di riscattare la condizione femminile nella sua terra,
creando occasioni di guadagno e partecipazione sociale. Per il sostegno
alla produzione ecocompatibile e svincolata da un mercato dominato
dagli intermediari delle multinazionali.
Per aver recuperato e diffuso l'antica tecnica di lavorazione del
cioccolato, intravvedendone le potenzialitö economiche, culturali
e sociali. Per aver saputo creare un'alternativa in un ambiente minato
dalla povertö, dallo sfruttamento, dall'inquinamento e dalla
corruzione, intraprendendo una strada che può servire da modello
in tutto lo Stato, affinchè le caratteristiche del cacao di
altissima qualitö del Tabasco siano riconosciute e pagate correttamente
sul mercato internazionale.
Il cioccolato che Elena mi ha regalato lo potrete
trovare in vendita da Las Rosas a Torino in Via Bellezia,15/F a €30,00
al chilo.