I fiori di Corallo


Proprio sull'Equatore, nel Golfo di Guinea, ad un centinaio di chilometri dalla costa africana c'è uno degli ultimi paradisi terrestri, un luogo incontaminato dal turismo di massa. Dall'Italia non ci sono voli diretti e bisogna fare tappa a Lisbona per imbarcarsi sul volo della TAP che fa scalo a São Tomé. Il paese è composto da due isole vulcaniche la cui superficie totale è di kmq.960: Principe e São Tomé. Il clima è tropicale, naturalmente, caldo e umido. Da Settembre a Maggio cade la stagione delle piogge e le strade diventano pressocchè impraticabili. Per andare da São Tomè a Principe c'è un piccolo aereo della Air São Tomé e Principe che porta 19 persone e spesso non parte perché non ci sono passeggeri. Inoltre l'aeroporto di Principe dista circa due chilometri dalla capitale San Antonio e praticamente non ci sono taxi. L'isola è piccolissima: ci sono solo 12 km di strade. Ma allora, perché andarci? Ma perché queste due isole sono state chiamate per tantissimo tempo “le isole del cioccolato”. I portoghesi le colonizzarono nel 1400 pensando di sfruttare il terreno particolarmente fertile per impiantarvi delle piantagioni di canna da zucchero con l'aiuto degli schiavi che venivano dal continente. Ne riuscivano a produrre 12.000 tonnellate l'anno! Nel 1787 cominciarono la coltivazione del caffè e nel 1822 portarono a Principe e poi a São Tomè le prime piante di cacao che l'Africa avesse mai visto. Provenivano direttamente dall'Amazzonia e loro varietà era l'Amelonado Forastero. Nell'arco di un trentennio sulle isole si crearono grandi piantagioni ed all'inizio del XX secolo questo microcosmo era diventato il più grande produttore di cacao del mondo. Ora le cose sono cambiate ed anche l'abolizione della schiavitù ha contribuito a dare un grosso colpo alle coltivazioni di caffè e di cacao. Ci si sarebbe quasi dimenticati di São Tomè e Principe se non ci fosse Claudio Corallo e la sua famiglia che stanno riportando alla ribalta europea e mondiale il cacao africano ed il suo gusto impareggiabile, quello dimenticato da tempo, quello puro, delle origini. Claudio è un signore distinto, sulla cinquantina, che vive in Africa da ormai trent'anni. Parla ancora con il bell'accento toscano della sua giovinezza quando si specializzò in Agronomia Tropicale all'Istituto Agronomico per l'Oltremare di Firenze, ma tutto finisce lì perché il suo passato ed il suo presente sono le piantagioni di caffè e di cacao in quella manciata di terra africana.Ascoltare il racconto della sua vita è un po' come ritrovare uno dei personaggi di Hemingway: spirito d'avventura, passione, coraggio, entusiasmo, profonda conoscenza del suo lavoro e caparbietà in tutto ciò che intraprende e quel tanto di romanticismo insieme creano un mixer davvero esplosivo, difficile da trovare oggi se non in un film. Ed una moglie, Elisabete detta Bettina, che lo segue con i tre figli in questa grande, continua avventura che è la loro vita. Non mi dilungherò troppo sul suo passato anche se mi sembra difficile tagliare parti di questa storia così affascinante. Parte nel 1974 per lo Zaire per un progetto di cooperazione e poi resta in Africa.

A ventisei anni, a Kinshasa, conosce la ragazza che sarà con lui sempre. Figlia di un ambasciatore portoghese era anche lei abituata a continui spostamenti, ma credo non si immaginasse proprio quello che il destino le aveva preparato. Cominciano con il caffè e con due vecchie piantagioni abbandonate integrandosi perfettamente con la popolazione e ben presto Claudio diventa un esperto nel recupero di vecchie varietà pregiate. Una vita dura per le difficoltà che devono affrontare e per i ribelli che si fanno sempre più pericolosi. Ma la gente è “ supe r”dice Corallo e “ rifaremmo tutto quello che abbiamo fatto ed anche i momenti tosti, tanti , ci hanno sempre portato dei bellissimi regali ” . Nel 1983 sua moglie va a São Tomè e ritorna con dei campioni di caffè e di cacao così buoni che i due si ripromettono di coltivarli direttamente lì un giorno o l'altro. Poi la situazione politica nello Zaire precipita ed ecco la coppia Corallo a S ã o Tomè. Inizia una nuova avventura che continua nel presente: ma nello Zaire hanno lasciato il cuore e due bellissime piantagioni. In questi anni nascono anche Ricciarda, Niccolò ed Amedeo. Nel 1997 i Corallo ottengono dal Governo, che stava attuando una riforma agraria, una vecchia piantagione abbandonata a Principe: Terreiro Velho. La foresta era ovunque e ci volle molto lavoro per localizzare e selezionare sia le vecchie piante di cacao, sia quelle nuove che erano nate spontaneamente. Riunite in piccoli gruppi queste ultime sono “ il frutto della prima selezione che è operata dalle scimmie!” dice Claudio. Queste si scelgono, infatti, le cabosse più belle e con i denti vi fanno un buco. Poi con la zampa tolgono la mucillaggine che ricopre i semi e la succhiano sputando a terra questi ultimi. Alcuni germinano e in breve si trapiantano. Ma qui in questa piantagione c'era un vero e proprio tesoro: non vi erano ibridi.(moltissimi in altre parti perché importati in modo massiccio). Grazie infatti alla natura particolare del terreno molto scosceso in alcuni punti, questi non sono riusciti a fecondare le piante originali che perciò sono ancora dello stesso ceppo di quelle importate dall'Amazzonia. E questo cacao è davvero speciale perché ha radici antiche di grande pregio e cresce in un terreno e con un clima che gli conferiscono un sapore davvero particolare ed unico. Un cacao che non può che lasciare stupefatti tutti quei sostenitori della supremazia assoluta dei cacao venezuelani nei confronti dei prodotti africani, ma che deve moltissimo anche alla grande esperienza ed all'amore per la qualità di Claudio. Nella sua piantagione nulla è lasciato al caso anche se nel massimo rispetto della natura: il lavoro è fatto totalmente a mano dalla coltivazione delle piante alla raccolta delle cabosse e di seguito alla fermentazione dei semi ed alla loro essiccatura. Per ottenere le nibs si sbuccia un seme dopo l'altro e si toglie manualmente anche il piccolo germe legnoso contenuto perché potrebbe rendere il gusto del prodotto più aspro. Perché una piantagione abbia un suo sviluppo armonico si devono tenere in considerazione molti fattori, gli uni legati agli altri indissolubilmente. Bisogna regolare l'ombreggiatura delle piante del cacao poiché in genere non amano un'esposizione diretta al sole e deve essere garantita una buona circolazione d'aria tra loro con frequenti potature delle piante da ombra che devono essere “ ben assortite tra loro dice Corallo ” e possibilmente vanno piantate anche delle leguminose (Acace Eritrine ecc) perchè, all'effetto protettivo dell'ombra, si addiziona l'apporto di sostanza organica delle foglie in decomposizione e dell'azoto che viene fissato nel terreno dalle leguminose”. Anche la concimazione viene effettuata con metodi naturali che non lasciano residui nel prodotto finito e non ne alterano in alcun modo l'aroma ed il gusto. Queste di Corallo non sono piante precoci, né di grande resa, ma la qualità è davvero il loro punto di forza. La principale caratteristica del cacao è quella che fruttifica praticamente tutto l'anno e su ogni albero si possono trovare contemporaneamente fiori, frutti acerbi ed altri maturi. La raccolta normalmente comincia a maggio e dura fino a tutto gennaio con alti e bassi dovuti alla distribuzione delle piogge  nell'anno. Uno dei grossi problemi legati al risultato finale del prodotto è quello che solitamente si raccolgono frutti a diverso grado di maturazione poiché per innescare il processo di fermentazione è necessario averne una certa quantità e si finisce solitamente con una fermentazione eterogenea. A Terreiro Velho questo non accade perché si raccolgono anche piccole quantità di cabosse solo quando perfettamente mature utilizzando poi speciali casse fatte costruire appositamente che, scherzando, Claudio afferma più costose che se ordinate da Cartier. Per la varietà da lui coltivata le quantità medie per una fermentazione variano da 500 a 2000 kg, noi abbiamo messo a punto queste casse di fermentazione che ci permettono di fermentare all'ottimo anche solo 60 kg alla volta (preferisco 80,ma si é fatto anche con meno di 50), in questa maniera possiamo raccogliere solo il cacao perfettamente maturo ”. Nelle zone di stoccaggio deumidificate e ventilate, il cacao si mantiene in condizioni ottimali e non si hanno le caratteristiche formazioni di muffe altrimenti inevitabili in un clima così umido. Il risultato è un prodotto dal profumo e dal sapore dolce, per nulla acido ed ha una particolarità che lo rende unico: dopo la fermentazione e l'essiccazione è così buono che si può consumarlo senza la classica tostatura.   A Principe, come in Zaire e a São Tomè i Corallo hanno cercato di integrarsi con la gente del posto per capire il loro vissuto e adattarsi il più possibile alla loro mentalità. All'inizio Claudio visse in una capanna sulla spiaggia di Terreiro Velho ed accanto al fuoco, la notte, parlava con gli uomini della piantagione per conoscerli, immedesimarsi nei loro problemi ed affrontare insieme le loro difficoltà. L'esperienza degli altri, davvero preziosa, unita alla propria e corredata da una grande disponibilità ha fatto il resto. Erano brave persone che però, dopo mille promesse mai mantenute, non credevano più nel futuro dell'agricoltura: erano demotivate e scoraggiate. Il suo entusiasmo e nuovi progetti concreti messi subito in atto li ha trasformati in grandi collaboratori ed amici sinceri. Oggi Claudio Corallo offre in vendita solo ai cioccolatieri artigianali ed alle piccole industrie il suo cioccolato davvero impareggiabile. Perché non alle multinazionali? Ma, perché la quantità che viene prodotta nelle sue piantagioni non è tale da sopperire all'intero fabbisogno di una grandissima produzione industriale ed i suoi semi dovrebbero essere mischiati ad altri. Questo toglierebbe loro quel non so che di gusto, profumo ed aroma che è il loro punto di forza. Ma c'è anche, secondo me, un'altra ragione legata proprio a quell'idea di qualità che anch'io porto avanti da sempre. Piccole realtà come questa dove il lavoro dell'uomo, il suo amore e la sua passione danno frutti unici devono restare tali ed essere apprezzate al massimo dai veri intenditori. Ciò che sta già avvenendo da qualche anno nel campo del vino o dell'olio in cui si è formata pian piano una vera cultura a difesa del prodotto artigianale di altissimo livello, deve pian piano verificarsi anche per il cioccolato ed il caffè. Ed io credo che questo processo sia già stato innescato proprio attraverso le molteplici manifestazioni che avvengono un po' in tutt'Italia e che nascono all'insegna della passione per questo prodotto amato da sempre, ma credo fin troppo sottovalutato. Voglio dire che spesso bastava dire “cioccolato” e si andava in visibilio con l'acquolina in bocca e non ci si domandava né da dove veniva, né com'era fatto. Ma che cioccolato era? Cosa c'era dentro? Ma chi si leggeva la composizione, peraltro non obbligatoria un tempo, sulle confezioni? Io ricordo che mio padre portava a noi ragazzi Lindt perché era svizzero e la Svizzera, si sapeva, aveva inventato il cioccolato al latte e poi dava delle garanzie di serietà. Altro non entrava in casa. Ma tutti gli altri? Per fortuna c'era la grande tradizione del nostro Piemonte che restava però molto all'interno dei confini della regione. Per tanto tempo, così, il cioccolato per i più è stato solo la tavoletta industriale che la mamma comperava per farci far merenda e non eravamo abituati alle meraviglie che quotidianamente oggi creano i grandi cioccolatieri sparsi un po' in tutta la penisola. Credo che, in un mondo sempre più massificato, queste piccole realtà, spesso a sola conduzione famigliare, dove dominano grande creatività, accurata scelta delle materie prime e moltissima attenzione a tutto il processo di produzione, siano oggi la nostra vera ricchezza, un bene da valorizzare e difendere sempre più.

Marina Sanvito