LA MIA SICILIA
Un viaggio che ho sempre desiderato fare
Di Marina Sanvito
C’è un viaggio che ho sempre
desiderato fare, un sogno che non avevo mai realizzato perché spesso
mi sono lasciata prendere dal fascino dell’esotico, del lontano e mi
sono dimenticata di andare dove, invece,
mi diceva il cuore. Amo la Sicilia da tanto tempo, da quando insegnavo
letteratura italiana al Liceo e mi trovavo, anno dopo anno, a leggere
ai ragazzi un racconto del Verga che parlava di Rosso Malpelo, un povero
ragazzino obbligato dalla vita e dalla sorte a lavorare in miniera.
Ricordo, davanti ai miei ragazzi di una Milano “bene”, la mia tristezza
che si faceva tristezza universale e amore per quel bambino che non
si ribellava andando ogni giorno verso un buio ed un freddo sempre più
cupi. Non c’è, nel ciclo dei “vinti” dello scrittore siciliano, alcuna
speranza di poter mutare la propria vita e neppure il coraggio della
ribellione, ma in lui c’era il desiderio semplice, puro di lavorare
sì, ma alla luce del sole tra il blu del mare ed il rosso degli aranci.
Desiderava solo fare il contadino per poter respirare l’aria dolce della
campagna, sentire il calore del sole sulla pelle ed il profumo del mare
da lontano. Sono proprio questi colori, questo sapore di sole che rimane
sulla pelle, questo sale del mare tra i capelli e quella strana atmosfera
di un mondo sospeso in un tempo che a volte sembra dilatarsi all’infinito
che mi hanno portato in Sicilia la prima volta e poi mille altre perché
avevo un dammuso a Pantelleria con una terrazza sospesa tra mare e cielo
e voli di gabbiani che, la sera, si intrecciavano sopra di me come a
salutarmi, mentre il mondo si tingeva di rosso fuoco, quel rosso particolare
che solo certi tramonti africani ci offrono come per miracolo.
Ma non avevo mai visitato, invece,
Modica, Ragusa e Noto: quella fascia di terra dove il verde intenso
dei carrubi si alterna ai gialli ed ai rossi degli agrumeti e dei fichi
d’india per sfociare poi nel blu intenso del mare.
Quella terra così ricca di sfarzo e bellezza con i suoi incredibili
Palazzi nobiliari e le mille Chiese che sembrano uscite dalle mani esperte
di una donna che crea stupendi merletti. Tutta questa zona propone spettacoli
inimmaginabili per chi ama l’arte: qui trionfa incontestabile lo stile
barocco, anzi il barocco fiorito. Un grave terremoto aveva praticamente
raso al suolo città e paesi nel 1693 e la ricostruzione, voluta dalla
nobiltà dei tempi, ha prodotto capolavori di una bellezza che lascia
sbigottiti. Il contrasto, poi, tra i colori accesi della natura e la
sua calda semplicità e la ricchezza dei palazzi marmorei e delle balconate
in ferro battuto rette da mensole scolpite piene di motivi floreali
e di putti ha dell’incredibile.
Ma c’è anche un mondo fatto di sapori mai provati prima o, a volte,
dimenticati da tanto tempo che ritroviamo qui, nelle vecchie masserie
oggi, come allora, accoglienti e calde di profumi che ci confondono.
Alcune, poi, sono state trasformate in agriturismi di grande bellezza
e comfort. Meglio dormire qui, cullati dai rumori della campagna
tra il verde degli alberi ed il profumo dei fiori d’arancio, meglio
venirci appena finito l’inverno del nord quando qui tutto è già vibrante
di rinnovamento e risvegliarsi tra lenzuola fresche di bucato e profumate
di sole. Lasciarsi attrarre da una colazione all’aria aperta con una
tavola rustica piena di tutto ciò che questa terra offre spontaneamente
è come aprirsi ad un nuovo mondo che, credo, resterà in noi per sempre.
E poi una visita a Modica, la “città merletto”, ma anche la città del
cioccolato: qui è lavorato ancora come gli Aztechi ed i Maya ed il suo
sapore è unico. Tutti, credo, hanno visto il film Chocolat e tutti quelli
con cui ho parlato ne sono restati entusiasti. Qui, a Modica, forse potreste rivivere
in parte le stesse emozioni ed assaggiare qualcosa che realmente viene
dal passato, quando i conquistadores spagnoli si imbatterono per la
prima volta nella “Xocoàtl”, un prodotto che gli abitanti del Messico
ricavavano dai semi di cacao tritandoli su una pietra chiamata “metate”.
Fu durante la dominazione spagnola in Sicilia che i modicani appresero
questo tipo di lavorazione che poi non passò mai alla fase industriale.
In questo luogo davvero unico per tradizione e bellezze naturali ci
si potrebbe fermare per sempre. La notte è illuminata da tantissime
luci e la visione è fiabesca: un piccolo presepe o un mondo sempre cercato
dove tutto trova il suo posto ed il cuore la sua pace.
Ma non possiamo fermarci qui perché tutto è un divenire anche se in
questo lembo di terra lontana sembra, come ho detto prima, che tutto
si dilati, persino il tempo sembra camminare più piano per dare modo
alla gente di vivere davvero, di pensare, di trovare la sua dimensione.
Amo la Sicilia perché fuggo da una Milano che amo, ma che non lascia
posto alla meditazione, all’introspezione, al “guardarsi dentro”: qui
ritrovo senza fatica la mia realtà.
C’è ancora tanto da vedere: la campagna ragusana, con i suoi muretti
a secco che l’attraversano dolcemente, è un quadro impressionista. Ovunque
i colori si fondono gli uni con gli altri e i mille profumi inebriano
e confondono. Ed ancora la mano dell’uomo, la sua creatività ci stupiscono
quando ci troviamo di fronte Ragusa Ibla: la parte vecchia della grande
città è rimasta ferma nei secoli a testimoniare proprio la grandezza
di coloro che l’hanno costruita. Addossate le une alle altre, tra viuzze
strettissime le case, le Chiese ed i Palazzi creano uno scenario stupendo.
Anche qui il barocco trionfa, ma così armonizzato nel tutto da farci
restare increduli davanti a tanto umile splendore.
Da lontano il mare ci chiama con il suo blu cobalto e così la strada
ci porta verso il Golfo di Noto e tutte le sue incredibili bellezze…